domenica 4 settembre 2016

INTRODUZIONE

E' definitivamente tramontata ogni pretesa che le tecniche riabilitative solitamente in uso siano in grado di promuovere la evoluzione funzionale del bambino con disordine dello sviluppo. E’ molto semplice: questa pretesa non ha retto alla verifica della Medicina Basata sulle Evidenze, o EBM (vedi http://www.riabilitazioneinfantile.eu/documenti/Attualitaeprospettivedellariabilitazionedelbambino.pdf per maggiori dettagli). 
Allo stesso tempo (ibidem) diviene sempre più consistente la esigenza di una collaborazione diversa (Family Centered Care) tra professionisti e genitori. In quale direzione? Solo per far sentire i genitori più protagonisti del recupero sostenibile del loro figlio e migliorarne così la autostima? Non credo. Va bene, intendiamoci, ma c’è ben altro. Uno dei temi che stanno emergendo con più vigore nell’ambito delle neuroscienze è quello della plasticità neuronale, vale a dire del fatto che l’esperienza del bambino modella le reti neurali stesse. Ebbene, la plasticità neuronale è legata alla intensività ed alla appropriatezza della esperienza del bambino. Sempre più gli studi accurati svolti nell’ambito del trattamento del bambino mostrano come sia decisivo, ai fini del suo recupero sostenibile, il fatto che abbia potuto usufruire di una esperienza intensiva ed appropriata, al momento giusto della vita.
Personalmente sono convinto che si tratti delle prospettiva più promettente per il trattamento.
Ebbene, chi può dare al bambino una intensività di esperienza appropriata? Sarebbe irrealistico chiederlo ai professionisti della riabilitazione. E dunque? Non possono essere altri che i genitori, indirizzati da professionisti , in grado di sviluppare con loro una collaborazione centrata sul punto di vista della famiglia e del bambino.

Insomma, quello che può cambiare il bambino non è la cosiddetta "terapia", ma l’esperienza che compie.

Prima parlavo di esperienza non solo intensiva ma anche appropriata. Cosa significa? Si possono spendere fiumi di inchiostro su questo argomento, ad esempio andando a disquisire sui presupposti concettuali di un metodo piuttosto che di un altro. Ludi verbali! Io credo che la verifica dei risultati sia lo strumento migliore che ci dice se va bene quello che abbiamo fatto oppure no: il bambino è cambiato? Il bambino impara? Il bambino è più motivato, più attivo nel fare esperienza? Il bambino ne è più sereno e fiducioso?
Se le risposte sono “Sì” allora quello che gli abbiamo proposto intensivamente va bene. Là dove le risposte sono “No”, allora dobbiamo verificare e cambiare.

Questo blog si propone come occasione di confronto su questi argomenti: è perciò aperto a chiunque, genitore o professionista, sia interessato a dare il proprio contributo di esperienza o di parere.
Conto di arrivare nel giro di pochi mesi alla definizione precisa di una prassi di collaborazione fra genitori e professionisti che sia soprattutto semplice.

Dr. M. Cerioli 


8 commenti:

  1. Buongiorno, io sono la mamma di un bambino di quasi tre anni con ritardo psicomotorio. D. ha iniziato fisioterapia a 6 mesi,appena ci siamo resi conto del problema. Ha iniziato con i rotolamenti svolti dalla fisioterapista della usl. ...ecco solo quelli. Per fortuna ci siamo rivolti da una psicoterapeuta privata che ci ha dato da fare a casa determinati esercizi specifici . Il bambino piano piano si è modificato . Per noi partecipare attivamente alla sua riabilitazione ci ha fatto sentire meno frustrati e più consapevoli dell'esperienze e delle sue necessità. Crescendo poi ha iniziato a fare all'usl la pedana riabilitativa(che ancora fa)che durava circa 30 minuti, e poi la navigazione costiera che però si riduceva in 5/10 minuti dato che una seduta di fisioterapia dura al massimo 45 minuti. Una domanda sorge spontanea....può bastare due ore di fisioterapia alla settimana per un bambino con ritardo motorio? Secondo me assolutamente no!!!Comunque noi abbiamo tenuto duro e abbiamo modificato la nostra vita e la nostra casa in relazione del nostro bambino. Tutto questo però non ha trovato riscontro con i terapisti dell'usl, che mi hanno sempre e solo detto che dovevo solo fare la mamma. Per fortuna la nostra psicoterapeuta ci ha indirizzati in un cammino che attraverso la sua collaborazione e la nostra andiamo avanti più motivati e meno disorientati. Ora il bambino cammina con il deambulatore. Fortunatamente la nostra terapista privata, ci ha messo in contatto con il dottore Cerioli che ci ha dato dei consigli utilissimi sul deambulatore. D. andava solo dritto, avanti e indietro, il dottor. Cerioli ci ha fatto togliere tutti i fermi e solo dopo una settimana gira e si sposta per la casa da solo. Certo non è bravissimo, ma per noi è un traguardo importante. A breve faremo i tutori multilivello, anche con parere contrario dei terapisti dell'usl.Visti i risultati già a breve, poniamo la nostra fiducia sulla terapia innovativa e sopratutto studiata in specifico per il bambino con video dettagliati da condividere anche con tutti i terapisti in carico. La famiglia è la base della vita del bambino.L'allenamento quotidiano e il trasferimento delle abilità apprese in terapia è possibile solo attraverso la condivisione degli obiettivi e strategie di intervento con la famiglia e non a un senso solo escludendola e accusandolo di perdita di scopo e fare nel fare. Grazie al nostro fare nel fare senza mollare D. è migliorato sia cognitivimente che motoriamente. Non possiamo sapere dove arriverà, ma sappiamo che noi saremo sempre presenti per lui con tutto l'amore e con tutti gli aiuti adatti a lui e non lasciandolo al caso sperando che migliori. Spero che la mia storia sia utile a chi si sente abbandonato e non aiutato, come mi sentivo io all'inizio...c'è sempre speranza dove c'è collaborazione e professionalità.

    RispondiElimina
  2. Certo: si tratta di una testimonianza esemplare di come la famiglia, ben guidata, sia insostituibile nell'arricchire la esperienza del bambino. Mi auguro di continuare ad essere alla altezza delle vostre aspettative.

    RispondiElimina
  3. Il rischio di portare fuori strada le energie dei familiari o di non utilizzarle bene c'è sempre, è reale. Non è facile come professionisti tener presente in ogni istante "cosa è importante per lo sviluppo di questo bambino?". "Questo bambino" significa vederlo nella globalità del suo essere e prima di tutto nelle sue motivazioni più profonde: al bambino importa di essere amato profondamente per quello che è, con i suoi "difetti" e non di essere "terapeutizzato" per cancellare quello che è nella realtà; il bimbo (ma anche l'adulto) ha bisogno di percepire il "tifo sfegatato (M.M. Pierro" che i genitori fanno per lui, perchè credono in lui, perchè gioiscono ed esultano delle sue piccole vittorie, perchè di fronte alle sue difficoltà si danno da fare per permettergli di superarle e non si accaniscono su di lui per volerlo diverso da come è. Allora diventa complesso e risulta delicato far conciliare le motivazioi del bimbo con quelle di un adulto-genitore preoccupato, deluso, annichilito a volte dalla "sorte cattiva". Complesso e delicato, ma non impossibile, perchè è compito del professionista tener ben presenti e distinte le motivazioni di ogni attore della scena per poterle armonizzare,integrare, conciliare. Soprattutto è compito del professionista offrire al bambino ed ai genitori uno stile relazionale rispettoso, attento, accogliente dei bisogni e dei vissuti dell'uno e dell'altro. Proprio perchè esterno al sistema. Allora è possibile fare proposte al bambino che lo motivino verso nuove sfide, verso la messa in prova delle proprie abilità, verso la sperimentazione dei propri limiti, verso il "superamento dell'area di adattabilità (M.M.Pierro). Ed è possibile mostrare ai genitori la parte migliore del loro bambino, la "best performance (T. Brazelton)" e coinvolgerli con entusiasmo e passione nella scoperta condivisa delle sue potenzialità evolutive. E'complesso e delicato proporre alla famiglia strategie e proposte utili per promuovere la "best performance" del loro bambino e poter avviare un circolo virtuoso di fiducia, lucida speranza, realismo tenace ed appassionato nel percorso di vita che li attende. Complesso e delicato, ma possibile. Con molta attenzione verso le caratteristiche ed i bisogni di ognuno, ma anche verso gli esiti che scaturiscono dalle proposte che vengono fatte: se il bimbo è sereno e soddisfatto delle sue conquiste, se mostra desiderio di utilizzare quanto appreso e non rimane vittima di aspettative lontane dalle sue possibilità e del malumore di chi vede deluse le proprie aspettative; se i genitori si mostrano attenti e premurosi verso i bisogni più profondi del bambino senza trasformarsi in "tecnici senza cuore" e senza passione.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il commento più appropriato è una attenta lettura.

      Elimina
    2. E' proprio vero dottoressa, bisogna sempre ricordarsi di amare il proprio figlio per quello che è, con i suoi difetti e questo lo abbiamo imparato grazie a lei che ci ha sempre aiutato e coinvolto nella scoperta delle potenzialità evolutive di D. e sostenuto anche psicologicamente. Noi siamo davvero diventati i tifosi sfegatati di D. anche se poi non è sempre facile andare avanti tutti i giorni con la stessa determinazione ed energia. Noi crediamo in lui e abbiamo tanta speranza...proprio a quella ci aggrappiamo forte forte ma anche a lei che ci ha sempre aiutato, ascoltato e accompagnato in questo cammino. Per un genitore avere tutto questo è importante proprio perché nel tempo si può perdere la via, con false aspettative che disintegrano la famiglia e soprattutto il bambino. Noi ce la mettiamo tutta e anche il nostro bambino e confidiamo in voi specialisti verso un cammino ottimale da fare sempre insieme nel modo più sereno possibile.

      Elimina
  4. Con grande soddisfazione e apprezzamento ho accolto questo blog, da decine d'anni lavoro con questa ottica ottenendo notevoli risultati, anche in casi difficili, dove ho trovato la disponibilità dei genitori ad affrontare assieme allo specialista e al bambino un nuovo percorso evolutivo che possa essere rappresentativo di un valido sviluppo per il nucleo familiare (e anche sociale), perché è inscindibile il benessere dell'uno rispetto agli altri membri familiari e alle figure di riferimento socio-educativo. Mi domando sempre come con tanti autorevoli autori che da decine e decine di anni sostengono l'importanza della continua interrelazione tra l'individuo e le esperienze come continua fonte di rinnovamento, nella stragrande maggioranza dei casi in carico si continui a delegare l'intervento alla psicomotricità senza la presa in carico globale del problema che ingloba il bambino, la famiglia e la società. Questa carenza determina un mancato processo d'integrazione tra le diverse componenti, una notevole diminuzione dei risultati sia in senso qualitativo che di durata con la conseguenza di un eccessivo carico sanitario che si esprime in lunghe attese anche di un anno e oltre per un primo affronto conoscitivo del problema e un aumento notevole della spesa sanitaria. Va infatti sottolineato che numerosi casi relazionali che rappresentano 80-90% delle segnalazioni, specie nei primi sei anni, possono risolversi tramite un supporto parentale con la frequenza di una seduta al mese contro le otto sedute di psicomotricità. Di certo non sono io che sottovaluto l'importanza dell'intervento psicomotorio, ma sostengo che molto frequentemente il precoce supporto ai genitori può risolvere il problema senza un carico terapeutico diretto del bambino. L'impostazione di una nuova modalità di approccio al problema, richiede una specifica formazione che comprenda: profonda conoscenza dei significati e vissuti evolutivi, dei processi educativi, delle dinamiche intra familiari, dei disturbi neuropsichici infantili, della relazione famiglia-società e pertanto di avere la competenza di un ruolo con valenza psicologiche, educative, terapeutiche ed anche di aiuto riorganizzativo della conduzione familiare. Ahimè questa formazione è ancora da inventare, anche se alcuni autori se la sono fatta sul campo pratico e di ricerca.
    A tale sostegno invito gli interessati a leggere l'articolo "Aiuto ai modelli evolutivi" in www.testevolutivi.it/articoli di neuropsichiatria infantile.
    Roberto Carlo Russo

    RispondiElimina
  5. Quello di Roberto Carlo Russo (http://www.csppi.it/) è un commento chiarissimo che mostra come questo approccio di trattamento in corso di sviluppo non sia poi così nuovo, ma implicito nella logica stessa della esperienza del bambino e di funzionamento educativo della famiglia.

    RispondiElimina